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sensi di colpa ed estraniamento

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Messaggio Da Randagia Mer Nov 08, 2017 4:23 pm

Ciao a tutte/i,
vorrei toccare alcuni argomenti delicati che sento molto vicini, anche se mi risulta difficile.
Mi sono resa conto che vivendo questo disagio spesso tendo a sentirmi "colpevole di un male illegittimo". Non percepisco "giusto" il mio estraniamento e ciò mi porta a sentirmi impotente, debole e vigliacca. Alla fine, proprio questo, mi provoca ulteriore distaccamento. Mi rendo conto che è un circolo vizioso e che la sofferenza, in qualsiasi forma si presenti, non dovrebbe necessitare di legittimazione. Tuttavia sento troppo spesso il contrario, involontariamente.
Inoltre questo disagio mi ha portato a delle modifiche sostanziali del mio carattere...in peggio. Mi spiego: mi ritenevo (ed ero ritenuta) una persona molto affidabile, responsabile, costante. Ebbene, sto diventando il contrario. Ciò mi provoca smarrimento, senso di colpa e disprezzo di me.
Quindi poi, di nuovo, ulteriore distaccamento.
E' un brutto circolo che sto provando a rompere.
Non chiedo soluzioni, vorrei solo sapere se qualcuno si ritrova o si è ritrovato in una situazione simile, e che cosa ne pensa.


Randagia

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Messaggio Da Lunaxel Mar Nov 14, 2017 6:54 am

Ciao Randagia, posso chiederti quanti anni hai e da quanto tempo sei una Dreamer? Io devo dire che sensi di colpa per il fatto in sé di sognare non li ho mai avuti, ma piuttosto ho i sensi di colpa per aver combinato dei pasticci sul lavoro o aver trascurato i doveri domestici o addirittura delle persone, quando questo capita o quando arrivano le conseguenze. Quindi non provo senso di colpa per le mie fantasticherie, ma piuttosto per le eventuali conseguenze. Smarrimento, e autodisprezzo, purtroppo sì, ne ho sentito tanto. Bisogna fare un grosso lavoro su se stessi, per accettarci ed amarci (perché solo accettarci non basta) come siamo. Noi conosciamo le nostre più nere difficoltà, ma non conosciamo quelle degli altri. Tutti hanno difficoltà e difetti che giustificherebbero l'umiliazione e l'autodisprezzo, non credere che un non dreamer, o una qualsiasi altra persona che vedi passare o che ti sembra così in gamba, non abbia dei motivi nascosti per autodisprezzarsi. Quando ho iniziato a lavorare e e ho scoperto tutti gli errori che gli altri commettevano, pur essendo più "svegli" di me, ho iniziato a sforzarmi di accantonare questi sentimenti di inadeguatezza. Da lì è iniziata la mia risalita verso un'autostima che credevo irraggiungibile. Ti assicuro che ci sono stati momenti in cui mi sentivo indegna di vivere, un essere così insulso da chiedermi:" ma che ci sto ha fare qui? Perché sono nata? Sono solo un peso". Ora so che sono importante per alcune persone. Quello che ci rende persone degne è la nostra volontà di migliorare e di fare scelte giuste. I tuoi stessi sensi di colpa dimostrano che sei una persona sensibile e buona e che il senso di responsabilità che dici di aver avuto prima è intatto. L'affidabilità e la costanza sono doti importanti, ma sono solo due tra le innumerevoli qualità che possono caratterizzare una persona. Lavora sulla tua autostima, per fare qualcosa devi volerti bene ed essere capace di riconoscere le qualità che hai, non di pesare sempre quelle che non hai. Sarebbe come se un paziente facesse delle sedute da un terapeuta e quest'ultimo lo disprezzasse e gli facesse pesare i suoi punti deboli. La terapia sarebbe un fallimento. Tu sei la prima terapeuta di te stessa. Tutto il resto può essere solo un sostegno al tuo lavoro interiore. Ti auguro buona giornata. Ciao

Lunaxel

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Messaggio Da Randagia Dom Nov 19, 2017 4:15 pm

Ciao Lunaxel, grazie per il tuo messaggio incoraggiante e per il tuo supporto. Spero che perdonerai la risposta non tempestiva ma, da una parte sono poco tecnologica, e dall'altra mi riesce molto difficile scrivere di questi argomenti e in alcuni giorni non ci riesco proprio. Io ho 25 anni e sono una dreamer da meno di un anno. O meglio: ho avuto episodi in passato ma sono stati passeggeri e non ci ho dato molto peso. Da mesi invece è diventato un problema serio. Cerco di spiegarmi: la capacità di immergermi nella fantasia l'ho sempre avuta, probabilmente superiore alla media. Ma in passato si canalizzava nella lettura. Ho sempre preferito leggere piuttosto che fantasticare per conto mio. Leggere anche per ore non mi stancava mai e mi lasciava una sensazione di pienezza. Inoltre preferivo osservare, contemplare, non so il cielo, la gente in una stazione, il paesaggio, piuttosto che fantasticare. Poi, per una serie di ragioni che preferisco non specificare e che apparentemente non sono chissachè, si è come rotto un argine. Una parte di me, a cui non ho mai dato molto peso, la parte della “fantasticatrice” si è espansa a tradimento e mi ha “invasa”. Non ho saputo opporre resistenza. E' questa scarsa capacità di lotta che, forse, mi ha sorpresa e inquietata ancora di più. All'inizio non capivo nemmeno bene cosa occupasse il mio tempo. Stare per ore a fissare un punto nello spazio, camminare per ore avanti e indietro come “in trance”, e intanto essere così assorbiti in film mentali da non percepire più lo scorrere del tempo che se ne vola via. Film mentali che non si spengono nemmeno accendendo la tv. Qualcosa che non conoscevo, una parte di me che mi ha tradita, più volte...fino a farmi perdere la fiducia in me. Qualcosa che percepisco come mio, ma anche estraneo...una distorsione, un vortice che risucchia. Ma soprattutto qualcosa che svuota fino alla nausea. Anche tu parlavi di questa sensazione di nausea e mal di testa, la conosco bene purtroppo. Questo tipo di fantasticare non distorce solo il tempo ma anche me. La mia esperienza con la fantasia potrebbe essere paragonata a qualcuno che si tiene un caro micetto in casa per anni, e a un certo punto (non proprio casualmente) questo si trasforma in una tigre affamata che inizia a sbranarlo. Per riuscire a conviverci dovrei trovare il modo di addomesticarla.

Randagia

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Messaggio Da Admin.Valeria Mer Nov 29, 2017 10:17 pm

Ciao Randagia, ho trovato curioso che il mdd ti si sia presentato così all'improvviso, come "rompere un'argine", da grande. Mi viene da chiederti, è cambiato qualcosa nella tua vita in quel periodo?
Per quanto riguarda la tua domanda, non credo che il mio carattere sia cambiato a causa del mdd,anzi, è stato l'opposto, sono cambiata quando il mdd ha mollato la presa; ma d'altra parte, per tutta la mia vita precedente faceva parte di me. Ero una persona molto chiusa e anche un po' distratta e disordinata e ciò forse era legato a doppio filo con il mdd. Era parte del mio carattere. Chissà come sarei stata senza mdd? Forse è una domanda che non ha senso.
I miei sensi di colpa erano legati soprattutto al tempo che sprecavo, tempo che avrei potuto dedicare a cose più produttive (ho avuto molta ansia da prestazione, sono quasi ossessionata dall'essere produttiva e dall'usare bene il mio tempo).
Attualmente, ho dei periodi in cui mi capita di essere talmente distratta da non sentire cose che mi sono state dette o di non ricordare cose che ho fatto... si tratta di sciocchezze per la verità, ma a volte mi chiedo davvero dove sia la mia mente.
Quello che dice Lunaxel è assolutamente condivisibile, il segreto di tutto è l'autostima, non le doti in sè (che pure hanno il loro valore). Inoltre, se ci pensi, quando uno ha più autostima, viene perdonato più facilmente nei suoi errori, perchè è lui per primo a non darci troppo peso. E la strada per l'autostima è anche sapersi perdonare, anche quando veniamo risucchiati dalle fantasie. Non ci serve a nulla colpevolizzarci.
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Messaggio Da Randagia Gio Nov 30, 2017 6:06 pm

Ciao Valeria, può essere che sia strano il modo in cui è comparso in me l'mdd, o forse no. Probabilmente siamo tutti diversi fra noi e giungiamo per strade diverse a un disturbo simile, o forse faccio parte di una minoranza nella minoranza. Non so. Di certo avevo qualche predisposizione e qualche tratto caratteriale latente che si è manifestato in modo per me sorprendente e inquietante, come reazione non tanto a un cambiamento, più che altro a un logoramento. Il tuo pensiero sull'autostima è naturalmente condivisibile, come quello di Lunaxel. So anch'io che colpevolizzarsi, avere una bassa autostima e disprezzarsi non sono reazioni salutari né utili. Ma so anche che la consapevolezza non è sufficiente e che essi sono fenomeni sensazioni emozioni sentimenti complessi, che sfuggono spesso alla volontà e al lato razionale. Penso che non basti dire che non servono a nulla, anche perché quando ci si è immersi questa affermazione provoca più che altro un ulteriore senso di inadeguatezza. Anche il sapersi perdonare penso sia qualcosa di molto difficile, che richiede molto lavoro interiore, e alla fine non è per nulla scontato che il lavoro interiore porti a questo risultato. Non è neanche detto che sia sempre giusto per chiunque. Naturalmente da un forum non mi aspetto e non chiedo delle soluzioni. Per questo comunque ti ringrazio per aver condiviso la tua esperienza, per quanto diversa dalla mia.

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Messaggio Da Lunaxel Gio Nov 30, 2017 8:37 pm

Ciao. Hai ragione, il cammino verso l'autoaccettazione e l'autostima è lungo, difficile, e la consapevolezza e la razionalità non bastano a fare di questo bisogno una realtà. La cosa buffa è che io sono arrivata alla mia autoaccettazione/autostima attraverso una mia fissazione e non attraverso un duro lavoro. Il lavoro interiore si è snodato in seno ai miei sogni ad occhi aperti. Ma è stata una cosa inconsapevole, il risultato l'ho scoperto solo quando la fissazione è passata per mancanza di sviluppi (in pratica avevo esaurito le trame perché lo scopo inconscio del "film" era stato raggiunto). All'epoca seguivo un gruppo pop tedesco che mi affascinava perché erano ragazzi semplici e puliti che facevano una buona musica. Come ho scritto in un altro post io non sogno me stessa come me stessa, ma come alter ego. Io ero lui e vivevo le mie emozioni e i miei pensieri attraverso le storie che lui rappresentava nel mio cinecervello. Poi un giorno lessi sul giornale che un giornalista lo criticava dicendo che il più grande limite di questa band era proprio il suo frontman, perché era uno con lo sguardo perso, uno "svampito". Ed ecco che i sogni sono diventati ossessione. Ho vissuto e rivissuto il mio disagio attraverso le sue storie, esprimevo il mio disadattamento e il mio svilimento attraverso le sue reazioni a critiche e malelingue. Insomma, non posso scrivere chilometri di parole, primo perché vi annoierei a morte, secondo perché non ricordo con esattezza le storie precise. Ricordo che inscenavo la sua reazione emotiva alla lettura dell'articolo, una conversazione con il suo discografico che lo criticava aspramente e gli chiedeva che problemi avesse, la sua tristezza e la sua umiliazione, che altro non era che un modo per veicolare e sfogare le mie, visto che non ne ho mai parlato con nessuno. Poi ho iniziato a sognare la sua/mia reazione a queste critiche, il suo orgoglio assopito, che in realtà era il mio, che faceva capolino e combatteva per non essere schiacciato sotto i piedi. E' con lui che mi sono rafforzata. Dopo parecchi anni di pausa e di distraibilità generica è arrivato lo Sherlock della BBC, più matto che mai. Lui mi ha colpito perché attraverso di lui ho potuto inscenare altre mie caratteristiche che non vengono accettate nel mondo esterno e approfondire quelle che già avevo elaborato con il cantante pop e ribadire anche la mia arrogante e inflessibile pretesa di avere il DIRITTO di avere i miei limiti (chiamali problemi, disturbo, disadattamento, sono parole che non mi feriscono più perché io sono così e basta) senza sentirmi da meno degli altri.
Questa è solo una mia esperienza, la cosa bella di questo forum è che possiamo raccontarci, perché fuori penso che quasi nessuno di noi sia andato in giro a raccontare neanche in parte quello che viveva nella sua testa. E' un modo per poter esprimere ciò che non possiamo esprimere a chi non è MD e che quindi non capirebbe e ci bollerebbe. Un modo per poter raccontare la nostra vera natura che fuori possiamo solo far trapelare cercando di limitarne al massimo la riconoscibilià.

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Messaggio Da Randagia Ven Dic 01, 2017 1:31 am

Ciao Lunaxel,
comprendo bene cosa significhi snodare il proprio disagio e le proprie emozioni, in una parola: la propria interiorità, attraverso il labirinto dei sogni. Restavo infatti perplessa quando qualcuno diceva che nella fantasia tutto è facile e bello, si avvera ciò che desideri... Ecco, per me non è esattamente così. I miei sogni hanno questo potere di imporsi come "imperativi categorici" e anteporsi ai miei doveri "esteriori" proprio perché originano dal vasto mare delle questioni irrisolte, dei desideri repressi e delle emozioni sommerse. Probabilmente ho trascurato questa mole inquietante di inconscio ingabbiandolo con le sbarre del dovere e degli impegni finché, come dicevano i Bandabardò "se mi rilasso collasso", e si son rotte le sbarre. Ho scritto che soffro di questo disturbo da un anno, ma forse dovevo precisare che la capacità di immergermi in film mentali molto coinvolgenti l'ho sempre avuta. Solo che non mi creava molto disturbo, si dilatava magari nei momenti di incertezza o di vacanza, ma al suon della parola "dovere" se ne scappava via (brontolando e a volte anche ruggendo) con la coda tra le gambe. In più i libri erano un altro oceano dove la mia interiorità poteva tuffarsi, e ritrovarsi, in modo meno pericoloso ma soddisfacente. Anche qui forse è bene specificare che potevo immergermi nella lettura per ore e ore.
Tornando a tempi più recenti: so cosa intendi con l'avere una fissazione. Io non ho un alter ego, ma un personaggio che mi si ripresenta ossessivamente sì. Tra l'altro, non mi è nemmeno tanto simpatico. Sarei contenta se riuscissi a mandarlo via, ma, riprendendo le tue parole, "lo scopo inconscio del film" evidentemente non è ancora stato raggiunto. Il mio (ma penso valga anche per altri mdd) "mondo fantastico" è tutt'altro che idilliaco. Mi butta in faccia parti di me che non mi piacciono affatto. Immagino scene molto simili tra loro dove cercano di dispiegarsi delle problematiche fisse. Un'immaginazione che assomiglia a un cane con un bastone in bocca che vuol passare attraverso una porta stretta e prima gira la testa di qua...non passa, poi di là...non passa, e continua così ossessivamente finché non l'attraversa. Ma quanto tempo ci impiega! Giorni a volte! La soddisfazione s'infrange sulle lancette dell'orologio e sul dovere non fatto. La bellezza e la fatica del fantasticare non è nell'immaginare un mondo ideale, ma nel creare degli scenari dove si possano svolgere quei moti interiori (spesso burrascosi a volte anche spiacevoli) che non trovano un campo di battaglia nel reale. Reale che sembra spesso lento e diluito (se non pure stupido). Questa capacità di fantasticare può essere una risorsa, un tratto caratteriale, un lieve disturbo. Ma può anche trasformarsi in droga e prigione, può far saltare in aria un progetto di vita, l'autostima e la fiducia. Ognuno, come scrivevi, ha il diritto di avere i propri limiti, e questa non è arroganza. Arroganza è affermare il contrario. Ma non penso che sia un limite avere dei paesaggi interiori... a volte desertici, a volte scogliosi, a volte rigogliosi, ma sostanzialmente vivi, caratteristiche, sfumature, emozioni, questioni, desideri... Non penso nemmeno che la capacità di immergersi nella fantasia sia un limite. Assomiglia più a uno strumento, o a una tecnologia, che può aiutarci o renderci schiavi, a volte entrambe le cose. Il limite è non riuscire a conciliare la propria interiorità con l'esteriorità, con il proprio dovere... fino al cortocircuito. Il limite è non trovare uno spazio, un tempo, un modo per esprimere e approfondire nel reale la propria interiorità... e porla in relazione con altre persone. Non far trapelare ciò che sentiamo di essere nell'intimo e mascherarlo il più possibile è il limite. E la sofferenza.

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Messaggio Da Lunaxel Ven Dic 01, 2017 9:50 pm

Ciao Randagia, scusa se mi ripeto, te lo ha già detto Valeria, ma davvero scrivi in una maniera meravigliosa! potresti scrivere un libro sui Dreamers un giorno... non sto scherzando, la proposta è seria. Ad ogni modo, il fatto che il tuo personaggio ti stia antipatico lo trovo davvero intrigante. Mi piacerebbe sapere di più di lui. Ma non so se posso chiedertelo... Però non ti offendere, al massimo dimmi di no. Ok, mi butto e te lo chiedo: avresti volgia di raccontare un tuo sogno con quel personaggio? Come si chiama, cosa fa, che vita fa, e come s svolge la storia.... spero che la domanda non ti disturbi. Sarebbe bello vedere come sognano gli altri... Ciao, ti auguro buona serata

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Messaggio Da Randagia Dom Dic 03, 2017 8:26 pm

Ciao Lunaxel,
figurati non mi offendo affatto, chiedere è lecito. Anzi, ti ringrazio per i complimenti che fanno sempre piacere, tanto più a una persona diciamo...non molto sicura di sé. Tuttavia raccontare un mio sogno mi risulta un po' difficile. Nel senso che il contenuto è un po' troppo personale. E la forma è molto diversa dalle parole scritte. Probabilmente è possibile "tradurre" un sogno in un racconto, o almeno ricavarne qualcosa di scritto (ma anche qualcosa di disegnato). In questo forum una ragazza aveva riportato il consiglio di una psicologa che consisteva appunto nello scrivere i propri sogni, e anche tu, se non sbaglio, avevi iniziato a scrivere... Io non sono molto portata per il racconto. Quello che posso provare a descrivere riguardo al "come sogno" è l'involucro esterno.
E' come se ogni tanto, soprattutto se mi annoio, arrivasse un vento prepotente ad avvolgermi del fumo di qualcosa che brucia nel mio inconscio.
Le prime scene sono dense, già formate a mia insaputa. Mi gonfiano con forza inaspettata di qualche emozione latente.
Mi ritrovo palpitante e non riesco ad afferrare il fumo né a strapparmelo di dosso.
Lo seguo ipnotizzata mentre s'infila nel mio respiro.
Trattengo il fiato ed è già nei miei polmoni.
Paralizzata casco dalle braccia della ragione e m'addormento con gli occhi sgranati.
In sogno fabbrico segnali di fumo, o è il vento che fabbrica me...non so...ormai vaga la coscienza.
Il risveglio è lento, difficile, nauseante.
Tossisco gli ultimi brandelli di sogno contro il minaccioso vetro dell'orologio.
E' solo un tentativo di descrizione.
Penso che sarebbe molto interessante se anche tu volessi raccontare come sogni o un tuo sogno. Buona serata.

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Messaggio Da Admin.Valeria Lun Dic 04, 2017 9:46 pm

Randagia ha scritto:
...Mi ritrovo palpitante e non riesco ad afferrare il fumo né a strapparmelo di dosso.
Lo seguo ipnotizzata mentre s'infila nel mio respiro.
Trattengo il fiato ed è già nei miei polmoni.
Paralizzata casco dalle braccia della ragione e m'addormento con gli occhi sgranati.
In sogno fabbrico segnali di fumo, o è il vento che fabbrica me...

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Messaggio Da Admin.Valeria Lun Dic 04, 2017 10:08 pm

Riprendendo il filo del discorso, è vero che la consapevolezza non è sufficiente. Così come non lo è l'auto-analisi e forse nemmeno la psicanalisi. Non credo infatti che essere consapevoli dell'origine dei propri problemi o disturbi sia sufficiente per risolverli. Che cosa può servire allora? Probabilmente la risposta è personale e diversa per ognuno, ma credo che sia molto utile educare la propria mente, educarla ad essere felice o spensierta per quel tanto che può, a volte forzarla persino. Affogare in un mare di amarezza e delusione verso la vita e se stesse, nonostante a volte avremmo tutte le ragioni per farlo, non risolve i nostri problemi. Non sto dicendo di "pensare positivo" ad ogni costo. Ma spesso le persone che dispongono di un contatto profondo con la propria interiorità ed una intelligenza vivace sono condannate ad una coscienza continua e dolorosa delle cose, ad un vedere sotto la superficie e dietro le maschere, niente affatto piacevoli. Non c'è da sorprendersi che preferiamo la fantasia.
Che questa fantasia sia anche un dono, poi, è vero. A volte penso a cosa saremmo se vivessimo in altre culture: dei visionari, degli sciamani? Degli studiosi? Degli artisti? Dei saggi? Dei cantafiabe? Perchè non c'è spazio per noi, in questo tempo/luogo?
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Messaggio Da Lunaxel Mar Dic 05, 2017 6:03 pm

Admin.Valeria ha scritto: Perchè non c'è spazio per noi, in questo tempo/luogo?
Un mio "amico di penna " tedesco definisce questa una "società malata". E in quale altro modo può essere definita una società in cui l'unica legge ormai è quella del profitto, dell'efficienza (ovviamente finlizzata alla soddisfazione del cliente solo in quanto genera profitto) dove noi siamo numeri (vedi gli scioperi di amazon, ma non sono gli unici ad essere cronometrati e valutati in base a percentuali e altri calcoli matematici, persino alle poste, considerata da sempre la fortezza dei sindacati, si ragiona così). Non c'è posto, in un mondo così avido e iperattivo, per la fantasia e per la lentezza che questa comporta. A meno che, come nei casi celebri, non porti un mare di soldi... ma ovviamente, solo dopo che per anni editori, discografici, e produttori abbiano fatto sentire il "sognatore un fallito disadattato.

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Messaggio Da Lunaxel Mar Dic 05, 2017 6:06 pm

Randagia!!!!! Ma questa è pura poesia!!!! Sei un genio letterario, davvero! bounce sunny queen

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Messaggio Da Randagia Mer Dic 06, 2017 5:20 pm

Penso che Lunaxel abbia ragione. No, non sul mio "genio letterario", su quello ha torto marcio (lo dico con affetto). Ma questa società è malata. Ciò non significa che sia la causa del mio disturbo, tuttavia non aiuta. In questa società c'è poco spazio per l'interiorità e la lentezza, come dicevate, e quindi per noi. Vorrei scrivere alcune cose che magari sono scontate e rischio pure di ripetermi, tuttavia penso che sia bene riaffermarle. Scusate se la prendo un po' larga ma poi arrivo al dunque...
Io so di essere una persona comune. Mi rendo conto dell'abisso incommensurabile tra le mie capacità espressive e, per citarne uno, quelle di Dostoevskij. Tuttavia sono molto contenta che Dostoevskij mi superi per miliardi di chilometri e gli sono profondamente grata. Attraverso i suoi libri posso essere traghettata verso orizzonti che non sarei mai riuscita nemmeno a sfiorare. Non perché io sia una totale imbecille, ma semplicemente perché lui era un genio. Di geni ce ne sono pochi e a quei pochi dobbiamo tutti molto. Il problema non è questo.
Il problema (uno dei tanti), come ha scritto Valeria, sta nel culto che la nostra società ha del supereroe, della persona "straordinaria" con i super poteri. Solo pochi eroi "ce la fanno" e solo a costo di grandi sacrifici. E gli altri, i vinti, i deboli, (la grande maggioranza), son tutti sbagliati e non si meritano nulla. Questo è un grande culto che occulta l'altra faccia della medaglia: il disprezzo per l'uomo (ancor più per la donna) comune e la sua disumanizzazione. All'uomo comune questa società chiede sempre di più (competizione, prestazioni, velocità...) e da' sempre di meno (tempo, lavoro, diritti, istruzione...). L'uomo comune, secondo la società, non ha bisogno di esprimere la propria interiorità, anzi non dovrebbe proprio averla. E' un peso inutile di cui sbarazzarsi alla svelta; a meno che sia così straordinaria da fruttare qualcosa. Solo il "genio" possiede un'interiorità e solo a lui, se insiste molto, ha fortuna, attira soldi ( e preferibilmente è già morto), è concesso esprimerla.
Intanto tra i risultati “geniali” di questa società che premia i “migliori” ci sono:
l'1% della popolazione che detiene il 99% della ricchezza. Guerre, carestie in molte parti del Mondo. Inquinamento. Ingiustizia sociale. Cambiamenti climatici che rischiano di farci estinguere...giusto per citarne alcuni tra i “migliori”... E le persone “di successo”, gli unici la cui vita valga davvero qualcosa chi sono? Trump e Kim? Mmm...forse qualcosa non torna. Ripeto: il genio è raro, ma l'interiorità è comune. E anche se la società insiste a negarla, l'interiorità continua ad esistere. Ma non sta molto bene. A nessuno piace sentirsi un numero o un oggetto dal valore unicamente economico. Il benessere si valuta anche sulla base della salute fisica, mentale e sociale. In una società malata nessuno sta completamente bene. Molti si trovano a disagio, in modo più o meno grave. La cosa paradossale è che ci sentiamo soli e impotenti.
Ecco, la sensazione di impotenza e l'indifferenza sono i nostri carcerieri. Non posso far nulla per cambiare me né la società, e chissenefrega. Oppure... ansia ansia ansia. E' sempre stato così e sempre sarà... Eppure l'homo sapiens è comparso 170.000 anni fa, e pare che per parecchie migliaia di anni sia riuscito a non distruggere sé stesso né il Pianeta. Vedi un po' se la società da allora non è cambiata...e perché ora invece dovrebbe essere immutabile? Sì, la situazione è difficile e complessa. Io per prima sono impantanata in un senso di impotenza. Ma davvero non possiamo fare niente? Credere nella propria impotenza è un modo sicuro perché si avveri. E questo vale tanto anche nell'mdd.
Ps: Valeria, è molto interessante il concetto di "educare la mente". Potresti parlarcene più a lungo, magari anche per quanto riguarda la tua esperienza?

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Messaggio Da Admin.Valeria Ven Dic 08, 2017 11:06 pm

Randagia ha scritto:Mmm...forse qualcosa non torna. Ripeto: il genio è raro, ma l'interiorità è comune. E anche se la società insiste a negarla, l'interiorità continua ad esistere.

Si, la società è malata, come ha detto Lunaxel, e i "malati" non sono che la sua spia (o forse sono gli unici logicamente sani, coloro che non si adattano ad una società malata).

Comunque, negli ultimi anni, mi sono resa conto di cosa ci differenzia davvero dalle società che ci hanno preceduto. Ci sono sempre stati i geni e le persone comuni. I ricchi e i poveri. Ma la differenza è che tendenzialmente ognuno aveva un posto nella società. Magari era un posto stretto, non voglio fare la nostalgica. Per le donne, in particolare, il mondo era incredibilmente più limitato che non oggi. Guardare al passato serve più che altro a capire che il presente non è l'unica soluzione possibile. Ecco, ciò che rimpiango del passato è proprio che c'era un posto per chi viveva in quella situazione intermedia tra geni/gente di successo e la gente comune.
Prendiamo un esempio che mi è caro: quello dei pittori. Alla fine del '400, se nascevi figlio di un pittore mediocre ad Urbino, ma si scopriva che avevi un talento eccezionale, finivi per andare a bottega a Firenze e poi persino per diventare il pittore papale. Ma se per caso, invece, non eri Raffaello, ma eri comunque un buon pittore senza pretese, rimanevi nel tuo paese di provincia a fare il tuo mestiere di pittore, con commissioni di lavoro adeguate al tuo livello. C'era un posto per te, avevi un senso nella società. Dipingevi il ritratto di un singnorotto locale o una Madonnina, ma tu eri IL pittore.
E oggi? Oggi non c'è posto per i pittori. Ci sono i grandi artisti (che spesso non dipingono più), che espongono in mostre di fama mondiale; ci si arriva facendo le scuole giuste. E poi ci sono tutti quelli che vorrebbero essere pittori, che hanno studiato o no, che lo fanno per hobby e le cui uniche alternative sono o di arrivare a quel livello o di regalare i loro quadri. Non c'è più il pittore per la società media, per chi si sposa e commissiona un'opera per la sua nuova casa. La gente compra le stampe all'Ikea.
Perciò il piccolo pittore non trova un posto e decide di fare altro. Cosa? Magari un lavoro in cui possa usare la sua creatività. Il grafico, il pubblicitario, il vetrinista. Ma troppa gente vuole fare lavori creativi e ce ne sono troppo pochi, perciò spesso finirà per fare altro. Occuperà un posto mancante negli ingranaggi che fanno funzionare la società, un posto che sia redditizio, che produca reddito, pil. Ovvero: produrre o vendere. Anche quando crea, crea per vendere, pubblicità, design. E' vero che anche in passato l'artista voleva guadagnare del suo lavoro, ma in qualche modo il suo lavoro gli apparteneva. E dietro la pittura, c'era tutto un mondo di intelletto, spiritualità, che si avvaleva dell'artista per dare forma a questi pensieri (pensiamo al rinascimento, al neoplatonismo...). C'era altro oltre al profitto.
Questo del pittore è un esempio che si può applicare anche a molti altri casi. Ad esempio, se uno aveva un carattere schivo e introverso veniva avviato allo studio e alla vita contemplativa, intellettuale o religiosa. Oggi se lo sei, impari a mascherarlo o non ti assume nessuno. Oggi ci sono poche alternative, siamo interscambiabili nei nostri posti nella società (provate invece a scambiare un fabbro con un falegname!)... interscambiabili o, qualcuno direbbe "alienati".
Questa è stata una delle riflessioni che mi ha più accompagnato negli ultimi tempi. Non voglio essere pessimista, solo capire lucidamente cosa ci manca. Per questo insisto nel dire che ci manca "un posto".
Cosa possiamo fare per superare questa impotenza? Beh io mica ho le soluzioni! Però, credo, non sarebbe una cattiva idea cominciare ad unirci, a creare altri legami, una società nella società nella quale ognuno abbia "un posto".

Ho parlato un sacco, perciò per quanto riguarda la tua domanda, Randagia, di parlare di "educare la mente", magari ci dedico un post a parte Very Happy




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